Boris: quel pomeriggio a Roma e l’insegnamento per la serialità italiana
Attenzione: evitate la lettura se non volete imbattervi in spoiler sulla terza stagione di Boris
La celebre serie italiana Boris è diventata negli anni un patrimonio della cultura popolare, grazie anche alla sua capacità di porre domande e stimolare riflessioni sulla serialità televisiva italiana. Il discorso tra le due figure centrali della serie, Lopez e René Ferretti, si chiede se sia possibile rivoluzionare un sistema che, apparentemente, funziona già. Esploriamo il significato di questo episodio e le lezioni che esso ci offre in termini di approfondimento sulle caratteristiche tecniche e contenutistiche del panorama seriale italiano.
Il contesto: la serialità italiana tra vecchi schemi e nuovi orizzonti
Negli ultimi anni, le produzioni italiane hanno mostrato una crescente evoluzione ed apertura agli standard internazionali, grazie all’ingresso di piattaforme come Netflix, Disney o Paramount e alla realizzazione di serie italiane di qualità. Tuttavia, le difficoltà e i problemi affrontati da Boris continuano ad essere presenti e visibili, e i risultati sono spesso altalenanti in termini di qualità e originalità.
Uno sguardo all’episodio 3×11 di Boris e le sue implicazioni
L’episodio in questione, intitolato “Stopper”, è in un certo senso emblematico del messaggio di Boris. In esso, assistiamo alle quotidianità di un set televisivo che cerca di produrre una serie di qualità, a fronte delle pressioni e delle convenzioni imposte dall’industria. Al centro della trama, il personaggio di Lopez, capo della rete televisiva, rivela il vero significato dietro la fiction che stanno girando: dimostrare che in Italia una serie diversa, valida e di qualità, non è né possibile né auspicabile.
Il significato nascosto nelle parole di Lopez e il senso di amara consapevolezza
Il discorso di Lopez svela il cinismo e il meccanismo di autoconservazione che caratterizzano l’industria televisiva italiana, dove il successo e la stabilità vengono privilegiati rispetto al rischio e all’innovazione. Ecco perché, ancora oggi, abbiamo serie italiane di qualità ma anche tante altre di scarso valore artistico e culturale, destinate a un pubblico che sembra non volere né chiedere di meglio.
Il ruolo del pubblico e la questione della qualità
Il fenomeno Boris evidenzia un interrogativo cruciale: fino a che punto il pubblico italiano è realmente interessato alla qualità delle serie televisive che guarda? Esiste una sorta di complicità tra l’industria e il pubblico, che si accontenta dell’intrattenimento mediocre pur di non uscire dalla propria zona di comfort. La sfida, dunque, è quella di trovare il modo di rompere questo circolo vizioso e promuovere vere e proprie rivoluzioni nella serialità italiana.
La speranza per il futuro: la quarta stagione di Boris e il seguito della musica
Nonostante tutto, Boris stesso rappresenta una speranza per il futuro della serialità italiana. La sua quarta stagione, intitolata “Segui la musica, Renè” , è un esempio di come la creatività e l’innovazione possano ancora trovare spazio in un panorama spesso dominato da convenzioni e schemi prestabiliti. In questo senso, Boris può essere visto come un simbolo di possibilità e di cambiamento, che ci invita ad andare oltre i confini del nostro stesso sistema e a continuare a sognare e desiderare una televisione migliore.
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