Film italiano sulla guerra civile che resta sconvolgente anche dopo 50 anni

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l’importanza de I recuperanti di Ermanno Olmi nella rappresentazione della memoria bellica italiana

Quarantacinque anni dopo la sua prima uscita, Il film I recuperanti di Ermanno Olmi si distingue come uno dei racconti più intensi e crudi sulla realtà che si cela dietro la fine ufficiale della guerra. Non si tratta di un’opera frequentemente menzionata nella filmografia del regista lombardo, rispetto a capolavori come L’albero degli zoccoli, ma il suo valore propone una lettura profonda del rapporto tra memoria, conflitto e ricostruzione. La narrazione si addentra nelle tensioni irrisolte di una nazione divisa tra chi cerca di ricominciare e chi si ostina a portare nel presente le ferite del passato bellico.

ambientazione e contesto storico

il ritorno di Gianni e la realtà dell’altopiano di Asiago

La vicenda si svolge nel 1945, sull’altopiano di Asiago. Gianni, reduce della campagna di Russia e prigioniero di guerra, rientra a casa con l’illusione di trovare un ambiente famigliare immutato, ma si scontra con una realtà mutata: il padre si è risposato con una donna più giovane, il fratello desidera emigrare in Australia e il lavoro di un uomo onesto sembra introvabile. Questa condizione di marginalità e disillusione rappresenta il terribile eco di una pace che si rivela più ostile della guerra stessa, evidenziando la difficoltà di reinserimento per i reduci.

il mestiere del recuperante come simbolo di sopravvivenza e disperazione

Una svolta nella narrazione arriva con l’introduzione del personaggio del vecchio Du, figura emblematica dell’altopiano, che propone a Gianni di intraprendere il lavoro di recuperante. Si tratta di raccogliere materiali metallici dai residuati di guerra, incluse bombe inesplose, e rivenderli. Il mestiere è pericoloso e dettato dalla sopravvivenza: Du si vanta di individuare i tesori sotto l’erba con il semplice olfatto, mentre Gianni riconosce il lavoro come una scelta di disperati. Questa professione diventa un potente simbolo delle difficoltà di una società nel lasciarsi alle spalle il passato.

il dialogo tra realtà concreta e dimensione epica

gesti minuziosi e paesaggi suggestivi

Il film di Olmi unisce l’attenzione ai dettagli del lavoro di recupero — la fatica, i rischi, le attentissime operazioni di disinnesco — a immagini di paesaggi aperti e incontaminati: prati verdi, rocce carsiche, boschi e fortificazioni abbandonate. La natura, rappresentata con limpidezza documentaristica, funge da sfondo sia alla bellezza che alle tracce indelebili delle guerre passate, creando un ponte tra il presente e le ferite della memoria collettiva.

il rapporto tra Gianni e il vecchio Du

Al centro della narrazione si manifesta il legame tra due emarginati di età diverse: uno giovane che fatica ad inserirsi nel mondo attuale e un anziano che incarna le memorie del fronte. Il carattere di Du, con le sue eccentricità e la sua grande saggezza, diventa il cuore pulsante del film: rappresenta la continua presenza della guerra e della memoria nella vita quotidiana, un personaggio eccessivo ma simbolicamente potente. La relazione tra i due riflette la lotta di una generazione di ripartire e quella di chi porta il peso dei ricordi, creando un’immagine complessa e dolorosa del passato italiano.

il significato e il messaggio sociale del film

un simbolo di continuità tra passato e presente

In questa narrazione, il lavoro di recuperante diventa un’icona di una società che continua a scavare tra le macerie del passato. È un’attività che, pur rischiosa, permette di trovare un fragile equilibrio tra sopravvivenza e memoria. La scena quotidiana di chi rischia la vita per ricavare un futuro da rovine già passate si rivela una metafora potente di come le comunità dovrebbero affrontare le proprie responsabilità storiche: riconoscere le colpe, raccontare le omissioni e affrontare i silenzi.

linguaggio autoriale e radicamento territoriale

Olmi decide di affidarsi a attori non professionisti, tutti provenienti dall’area, rafforzando il senso di autenticità e di immedesimazione: i volti, i modi di parlare, i gesti sembrano appartenere realmente a quel territorio, non sono interpretazioni ma testimonianze viventi. La collaborazione con figure come Mario Rigoni Stern e Tullio Kezich ha contribuito a modellare una narrazione radicata nel contesto storicoculturale dell’altopiano di Asiago, rendendo il film un documento autentico di memoria collettiva.

alcuni protagonisti e personalità coinvolte

  • Mario Rigoni Stern
  • Tullio Kezich
  • attori non professionisti provenienti dall’altopiano di Asiago

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