Western Femminista di Viggo Mortensen: Recensione dalla Festa del Cinema di Roma

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Il film I morti non soffrono, ambientato negli anni ’60 dell’Ottocento sulla frontiera occidentale degli Stati Uniti, porta sullo schermo la storia di Vivienne Le Coudy (Vicky Krieps), una donna indipendente e fiera, e della sua relazione con Holger Olsen (Viggo Mortensen), un immigrato danese. Dopo un incontro a San Francisco, Vivienne si trasferisce nella provincia di Elk Flats, Nevada, per costruire una vita con Olsen. Le loro vite vengono però stravolte dallo scoppio della Guerra Civile, che costringe Olsen a unirsi all’Unione, lasciando Vivienne a fronteggiare le difficoltà da sola.

Le dinamiche del conflitto e il contesto sociale

I personaggi chiave

Il sindaco corrotto Rudolph Schiller (Danny Huston) e il ranchero Alfred Jeffries (Garrett Dillahunt) dominano la comunità, creando un ambiente ostile. Inoltre, il loro figlio Weston (Solly McLeod) esercita sulle donne pressioni indesiderate, ma Vivienne resiste alle sue avances. Dopo il ritorno di Olsen, entrambi i protagonisti si trovano a dover affrontare i cambiamenti interiori generati dalla guerra.

La visione artistica di Viggo Mortensen

Un ritorno alla regia

A 65 anni, Viggo Mortensen torna dietro la macchina da presa dopo il suo debutto con Falling – Storia di un padre. Per I morti non soffrono, Mortensen trae ispirazione dall’immagine di sua madre, Grace Gambel Atkinson Wright, e da suggestivi testi illustrati degli anni ’30, che evocano storie di cavalieri e avventure medievali.

Il genere western e l’approccio tematico

Il film si presenta come un warm western che esplora la complessità emotiva e le sfide di due anime libere. Lo sguardo di Mortensen si concentra sulla violenza silenziosa intrinseca alle relazioni e ai conflitti della società americana, mettendo in risalto la tensione fra avventura e introspezione.

Una narrazione innovativa

Femminismo e identità

Il film si distingue per un approccio femminista alla narrazione del western, dove Vivienne emerge progressivamente come figura centrale. Il suo personaggio guadagna sempre più significato, evidenziando le sfide dell’identità femminile in un contesto patriarcale. La storia si configura come una profonda esposizione delle dinamiche di potere, dell’indipendenza e della resilienza.

L’estetica del racconto

La pellicola, pur mancando di colpi di scena e dinamismo, possiede una patina formale e un romanticismo anti-retorico, capace di rappresentare la complessità dei sentimenti umani. Il regista riesce a fondere momenti iconici e poetici, intessendo un racconto d’amore inaspettato in un mondo ostile.

Conclusione

Con I morti non soffrono, Viggo Mortensen non solo riconduce il genere western a una riflessione profonda sul femminile e sul ruolo dell’individuo nella società, ma crea anche un’opera che invita a esplorare la connessione tra amore e avversità. La rappresentazione della lotta di Vivienne e Holger si fa simbolica, mettendo in risalto la resilienza umana in un contesto di sfide continue.


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