Recensione di Caccia all’Eredità: La Commedia Gialla che su Netflix non Convince

Quando Wladyslaw, eccentrico inventore nonché conduttore di un popolare quiz televisivo di molti anni fa, muore improvvisamente, la sua famiglia si riunisce nella villa di proprietà dell’uomo, luogo in cui avverrà la molto attesa lettura del testamento. Pur vedendosi dopo lungo tempo, i nipoti con i rispettivi figli e partner non riescono a sanare i numerosi dissapori esistenti.

Il film intitolato “Caccia all’eredità” rende subito evidente il focus della trama: l’interesse principale dei parenti del defunto è esclusivamente il guadagno economico promesso. Quando si procede alla lettura delle ultime volontà, lo zio si presenta, sorprendentemente vivo, e annuncia un nuovo game show all’interno della villa, la cui vincita consiste nei diritti d’autore di redditizi brevetti. La situazione precipita quando l’uomo viene trovato morto alcune ore dopo; questa volta l’omicidio sembra essere reale.

caccia all’eredità: un’improbabile mescolanza di generi

La sceneggiatura e le sue atmosfere appaiono essere un mix improbabile tra il delizioso “8 donne e un mistero” di François Ozon e la saga di “Knives Out”, entrambi a loro volta influenzati dal classico della narrativa “Trappola per topi” di Agatha Christie. Nonostante i modelli ispiratori siano di alto livello o di culto, “Caccia all’eredità” palesa evidenti limiti di rappresentazione, soprattutto nella gestione dei colpi di scena. Questi tentano di sfruttare il numeroso gruppo di protagonisti e i loro relativi background per insinuare dubbi e false piste sino a una rivelazione finale forzata.

un giallo dalle tinte comiche

Il film tenta di bilanciare elementi di giallo con sfumature comiche, ma risulta penalizzato da una regia anonima e una caratterizzazione dei personaggi forzata. La presenza di bambini hacker improvvisati e finti poliziotti aggiunge complessità superflua a una trama già densa di avvenimenti. I personaggi, eccessivamente caricati, rappresentano diverse dinamiche sociali e familiari, inclusi una coppia omosessuale con vaghe disquisizioni sociali, un’altra coppia con una significativa differenza d’età e una terza alle prese con una crisi matrimoniale. Alcuni espedienti, come le caramelle che costringono a dire solo la verità, risultano poco plausibili.

un panorama da quiz televisivo

Il lato più intrigante della produzione polacca risiede nel continuo richiamo all’immaginario dei quiz televisivi. Il protagonista era infatti il conduttore di un gioco fittizio, “La ruota della verità”, variante del celebre “La ruota della fortuna”. Durante il film si vedono postazioni tipiche dei televideo di un tempo, inclusi labirinti con indizi fondamentali, in una sorta di caccia al tesoro che porta i personaggi a scoprire risposte alle loro domande.

L’ambientazione risulta suggestiva, richiamando un design conosciuto e fungendo da palcoscenico ideale per questa storia ricca di paradossi e sorprese. La produzione avrebbe beneficiato di una maggiore personalità, sia a livello di casting – solo un paio degli interpreti principali riesce a spiccare – sia nella messa in scena, spesso risultata improvvisata piuttosto che ben pianificata.

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