Diritti delle donne nella Siria post regime: quali cambiamenti e sfide affrontare?
Protagoniste nel contesto di lunghi anni di regime dittatoriale, le donne siriane hanno mostrato resilienza durante il governo di Assad, affrontando manifestazioni e lotte per i propri diritti, consapevoli del rischio di arresti e violenze. Con la fine del dominio di Assad, purtroppo protrattosi per 54 anni, rimane cruciale la questione dei diritti da garantire alle donne e alle minoranze. In questa fase di transizione, diverse organizzazioni umanitarie, assieme alle donne siriane, cercano di mantenere viva l’attenzione globale su questo tema, puntando a stabilire un futuro per la Siria che metta al centro i diritti delle donne.
La Siria oggi, con le “conseguenze” di ieri
L’Hay’at Tahrir al-Sham, un gruppo militante islamico sunnita, ha guidato l’operazione per rovesciare il governo di Bashar al-Assad. Secondo il Global Peace Index del 2023, la Siria è considerata il terzo paese meno pacifico al mondo da cinque anni. Dopo che le manifestazioni del 2011 per una maggiore democrazia furono violentemente schiacciate, il Paese è precipitato in un conflitto che ha causato oltre mezzo milione di vittime e ha costretto circa 12 milioni di persone a lasciare le proprie abitazioni. Questa tragedia è stata definita dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati come «la più grande crisi umanitaria della nostra era».
Con la caduta di Assad, e repercussioni sociali ed economiche evidenti, l’Onu ha segnalato che nel Paese il 90% della popolazione vive sotto il livello di povertà, il popolo nutre la speranza di liberarsi definitivamente da anni di oppressione e di vedere i diritti umani finalmente tutelati.
I segnali d’allarme, «i ruoli che una donna può svolgere in linea con la sua natura»
Il leader dell’Hay’at Tahrir al-Sham, Al Jolani, ha affermato che la Siria “liberata” dalla tirannia di Assad sarà di tutti, senza distinzione di religione o etnia. Il nuovo governo ha promesso un futuro democratico, ben lontano da regimi estremisti. Il 9 dicembre, un portavoce ha dichiarato che non saranno imposti veli e che i diritti individuali non saranno limitati.
Esistono segnali di preoccupazione, come esemplificato da dichiarazioni del portavoce Obeida Arnaout, il quale ha minimizzato il ruolo delle donne in ambiti come il ministero della difesa, suggerendo che certi ruoli non sono “naturali” per le donne.
Aisha al-Dibs, responsabile per gli “affari femminili” nel governo di transizione
Le dichiarazioni di Aisha al-Dibs, neo-responsabile degli affari femminili, sembrano sfumare la promessa di diritti ampliati. Durante un’intervista, ha affermato che le organizzazioni femministe saranno accolte solo se in linea con il suo pensiero e ha ribadito l’importanza dei ruoli tradizionali delle donne nella società.
Un passato superato?
Recentemente, filmati hanno mostrato il nuovo ministro della giustizia, Shadi Muhammad al-Waisi, supervisionare esecuzioni pubbliche nel 2015, durante la sua carriera come giudice. Tali eventi non fanno altro che sollevare interrogativi su come le attuali autorità intendano affrontare i diritti umani.
La presenza delle donne nei processi politici e decisionali: una richiesta internazionale
Il G7 ha espresso sostegno per un processo politico inclusivo in Siria, sottolineando l’importanza della partecipazione femminile nei meccanismi decisionali. Diversi attivisti, tra cui Marco Cappato, hanno avviato petizioni per richiedere il coinvolgimento attivo delle donne nella politica siriana. È stato evidenziato che, affinché la nuova amministrazione possa essere considerata legittima, sia essenziale garantire il massimo coinvolgimento delle donne nel governo.
- Salma Al Sayad
- Mazen Jaber
- Al Jolani
- Obeida Arnaout
- Aisha al-Dibs
- Maysaa Sabrine
- Shadi Muhammad al-Waisi
- Marco Cappato