Cosa è successo a questi 10 cantanti di successo degli anni ’70

Il panorama musicale è costellato di artisti che, pur raggiungendo un successo momentaneo con un singolo, non sono riusciti a replicare quella stessa risonanza nel tempo. Questi fenomeni, noti come “one-hit wonder”, rappresentano casi emblematici di come la fortuna e il talento possano convergere in modo imprevedibile. In alcuni casi, si tratta di artisti che producono musica innovativa per anni senza mai ottenere il riconoscimento sperato; in altri, di band che ottengono un exploit improvviso ma poi scompaiono dai radar delle classifiche. Questo articolo analizza dieci tra i più rappresentativi esempi di questo fenomeno, evidenziando le storie dietro ciascun successo passeggero e le carriere successive.
storie di successi effimeri: i The Jaggerz
“The Rapper” (1970)
I The Jaggerz, provenienti da Pittsburgh, sono forse l’unica band la cui carriera ha avuto una svolta positiva proprio dopo aver abbandonato la collaborazione con Gamble e Huff. Il loro album d’esordio non riscosse successo, ma cambiando etichetta discografica e virando verso un sound pop più accessibile, ottennero un grande risultato con “The Rapper”. La canzone raggiunse la seconda posizione nelle classifiche statunitensi, nel momento di massimo splendore di “Bridge Over Troubled Water”, e ottenne il disco d’oro.
Dopo questa hit, pubblicarono un altro album prima della separazione definitiva. La reunion del gruppo avvenne nel 1989 per spettacoli dal vivo e portò alla pubblicazione di alcuni album considerati tra i più validi del loro repertorio. Il frontman Donnie Iris intraprese una carriera solista stabile nella zona di Pittsburgh/Cleveland.
successo temporaneo: gli Ides of March
“Vehicle” (1970)
La presenza della tromba fu determinante per il successo degli Ides of March. Dopo un primo riscontro con “You Wouldn’t Listen”, l’aggiunta di strumenti a fiato portò al brano “Vehicle”, che scalò le classifiche fino alla seconda posizione. L’album omonimo ebbe meno risonanza rispetto al singolo, ma meriterebbe una rivalutazione per la sua fusione originale tra rock, jazz e folk.
Il nucleo originario del gruppo si mantenne insieme per oltre cinquant’anni, celebrando questa lunga storia musicale. Successivamente Jim Peterik fondò i Survivor, ottenendo ulteriore successo negli anni ’80 con brani come “Eye of the Tiger”.
il caso dei Mountain
“Mississippi Queen” (1970)
I Mountain sono spesso confusi a causa del nome dell’album omonimo del chitarrista Leslie West e della band stessa. Con il singolo “Mississippi Queen”, riuscirono a conquistare le radio grazie a riff potenti e all’utilizzo marcato della cowbell. Nonostante ciò, altri brani come “For Yasgur’s Farm” non riuscirono a replicare lo stesso successo.
Il loro stile spaziava tra blues e hard rock ed era molto apprezzato nei circoli più attenti alle sonorità innovative dell’epoca. Dopo lo scioglimento, West intraprese una carriera solista consolidata prima della sua scomparsa nel 2020.
successo isolato: Pacific Gas & Electric
“Are You Ready?” (1970)
Il nome della formazione potrebbe aver influito sulla percezione del pubblico; La qualità musicale era elevata. La traccia “Are You Ready?” si distinse per il suo spirito energico e una forte componente blues-rock mista a psichedelia.
Dopo questo episodio di notorietà momentanea, i membri si dispersero in vari progetti o lasciarono il mondo della musica; Glenn Schwartz fondò anche il gruppo All Saved Freak Band legato alla scena hippie cristiana.
il breve exploit dei Free
“All Right Now” (1970)
I Free sono ricordati soprattutto per “All Right Now”, brano che raggiunse la quarta posizione negli Stati Uniti e contribuì al successo dell’album Fire and Water. Sebbene l’album presentasse altre buone tracce, nessuna sfiorò la potenza dell’hit principale.
Dopo lo scioglimento del gruppo nel corso degli anni ’70, Paul Rodgers e Simon Kirke diedero vita ai Bad Company – formazione che ottenne numerosi successi commerciali grazie alla base gettata dai Free.
l’unico grande successo: Richie Havens
“Here Comes The Sun” (1971)
L’aspetto più singolare della carriera di Richie Havens è rappresentato dal fatto che il suo unico grande successo fu una cover non scritta da lui: “Here Comes The Sun” dei Beatles. La versione d’Havens divenne molto popolare grazie anche al suo stile rilassato e folkrock.
Havens partecipò attivamente alla scena sociale attraverso le sue performance live fino alla fine della vita; il suo intervento al Woodstock rimane uno dei momenti iconici dell’intera manifestazione musicale.
Uriah Heep: uno dei pochi gruppi ancora attivi
“Easy Livin'” (1972)
I Uriah Heep sono stati pionieri tra proto-metal e progressive rock negli anni ’70. Nonostante ciò hanno solo avuto un singolo Top 40 con “Easy Livin’”, che arrivò al numero 39 nelle chart statunitensi grazie a riff intensi ed elementi distintivi come l’organetto Hammond.
Dopo decenni di attività caratterizzati da continui cambiamenti nella line-up – Mick Box restando l’unico membro storico – continuano ad incidere nuova musica ed esibirsi dal vivo in tutto il mondo.
gli Mott The Hoople tra glam rock e passaggi epocali
“All The Young Dudes” (1972)
A seguito di quattro album senza grandi risultati commerciali furono pronti allo scioglimento quando David Bowie propose loro “All The Young Dudes”. La band riconobbe subito la forza del brano e lo incise: diventò uno degli inni glam rock più importanti dell’epoca.
Dopo l’abbandono del cantante Ian Hunter proseguirono in forme diverse; Hunter avvia una carriera solista nota anche per cover memorabili come “Once Bitten Twice Shy”.
la leggenda dei Thin Lizzy
“The Boys Are Back In Town” (1976)
Tra i classici immortali del rock duro c’è sicuramente “The Boys Are Back In Town”. Questa traccia ha definito lo stile distintivo delle chitarre gemelle accompagnate da voci potenti.
Nonostante abbia segnato profondamente gli ascolti mondiali fin dalla sua uscita nel 1976, altri singoli come “Whiskey In The Jar” o “Jailbreak” avrebbero meritato maggiore attenzione commerciale rispetto ai risultati ottenuti sui mercati americani ed europei.
In origine “The Boys Are Back In Town” rischiava addirittura di essere esclusa dall’album “Jailbreak”, ma si rivelò decisiva per la carriera del gruppo.
Gli ultimi anni hanno visto difficoltà legate ai problemi interni e personali; Phil Lynott morì prematuramente all’età di 36 anni dopo aver lasciato un segno indelebile nella storia musicale mondiale.
William Bell: voce soul con poche note memorabili ma influenti
“Tryin’ To Love Two” (2016)
William Bell avrebbe potuto essere una stella mainstream molto più grande se non fosse stato rallentato dalla guerra militare durante gli inizi della carriera. Come compositore ha scritto pezzi fondamentali come “Born Under A Bad Sign”.
Dopo oltre cinquant’anni trascorsi nell’ambiente musicale ha pubblicato l’album migliore della sua produzione recente presso Stax Records: This Is Where I Live. Con questa opera ha vinto anche un Grammy Award dedicato all’Americana.
Il suo primo Top 10 da solista arrivò con “Tryin’ To Love Two”, anche se non è considerata la sua canzone più rappresentativa; comunque segnò un importante traguardo personale.