Recensione di death of a unicorn con jenna ortega e paul rudd

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L’unicorno, figura mitologica dal fascino senza tempo, ha permeato diverse epoche storiche e culturali, dall’antica Persia al Rinascimento, fino ad arrivare a prodotti contemporanei come My Little Pony. Rappresenta simbolicamente la purezza, il potere curativo e l’indomabilità, diventando un’icona tanto riconoscibile quanto idealizzata. In questo contesto si inserisce Death of a Unicorn, opera prima del regista Alex Scharfman, dove l’unicorno stesso risulta essere l’elemento più strano e meno credibile di un film che aspira a combinare commedia nera, monster movie e satira sociale. Presentato in anteprima al SXSW e prodotto da A24, il film lascia lo spettatore in uno stato di indecisione tra il riso, il sollievo e la meraviglia incredula.

trama di death of a unicorn

La narrativa prende avvio da una premessa tanto surreale quanto coinvolgente: Elliot (Paul Rudd), un avvocato aziendale, è in viaggio con la figlia Ridley (Jenna Ortega) verso un ritiro nelle Montagne Rocciose canadesi, ospiti del suo capo miliardario Odell Leopold (Richard E. Grant). Durante il tragitto, Elliot investe accidentalmente un unicorno. Ridley, orfana di madre e alla ricerca di significato nella vita, stabilisce un legame spirituale con l’animale ferito. Nel frattempo, Elliot lo uccide utilizzando una chiave inglese e scopre che il sangue viola della creatura possiede proprietà miracolose: guarisce allergie, acne e persino il cancro.

Il cadavere dell’unicorno diventa subito oggetto di sfruttamento da parte della famiglia Leopold – parodia arrogante del capitalismo farmaceutico ispirata ai Sackler – trasformando la trama in una corsa al profitto mentre nuove creature mitologiche emergono assetate di vendetta.

il cast: punto forte del film

A salvare Death of a Unicorn dalla mediocrità è sicuramente il cast. Ogni attore riesce a interpretare perfettamente il tono grottesco della storia. Rudd si presenta come un “papà imbarazzante”, mantenendo bene il ruolo dell’uomo mediocre intrappolato tra doveri familiari e ambizioni personali. Poulter si distingue nel ruolo dell’erede tossico e ridicolo, incarnazione perfetta dell’avidità grottesca. Carrigan nei panni del maggiordomo Griff riesce a strappare risate sincere anche solo con uno sguardo.

  • Paul Rudd
  • Jenna Ortega
  • Richard E. Grant
  • Téa Leoni
  • Will Poulter
  • Anthon Carrigan

difficoltà visive ed effetti speciali

Sul piano visivo il film presenta delle discontinuità evidenti. Scharfman rende omaggio ai monster movie degli anni ’70 e ’80 con scene splatter evocative dell’atmosfera tipica di John Carpenter, ma gli effetti speciali risultano carenti soprattutto nella prima parte; gli unicorni non incutono timore né fascino apparendo piuttosto come modelli 3D poco rifiniti. Solo nel terzo atto la qualità della CGI migliora rendendo più credibile la furia vendicativa delle creature.

sintesi finale: ambizioni narrative superficiali

Narrativamente parlando, la pellicola si smarrisce in troppe ambizioni: desidera esplorare temi quali la perdita personale, criticare il capitalismo predatorio e parodiare i ricchi senza approfondire adeguatamente nessuno di essi. La relazione tra Ridley e l’unicorno – potenzialmente significativa come metafora del lutto – rimane appena accennata; così come il messaggio “i ricchi sono cattivi” appare stantio privo della freschezza necessaria per sorprendere.

C’è una scintilla poetica nel finale quando Scharfman suggerisce una lettura più intima: l’unicorno rappresenta manifestazioni del dolore umano e desiderio di connessione dopo una perdita profonda. Questo momento autentico giunge troppo tardi per riscattare un’opera che rimane intrappolata tra assurdità prevedibili.

Sommario:

Death of a Unicorn basa le sue potenzialità su un concept originale ed un cast ben scelto sotto l’etichetta A24 ma manca della determinazione necessaria per osare realmente nell’alternanza tra parodia critica o dramma comico.

  • Elliot – Paul Rudd
  • Ridley – Jenna Ortega
  • Odell Leopold – Richard E. Grant
  • Moglie superficiale – Téa Leoni
  • Erede tossico – Will Poulter
  • Maggior domo – Anthony Carrigan

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