Bridgerton è una serie woke? scopri le risposte definitive alle accuse

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l’evoluzione della rappresentazione in “bridgerton” e le polemiche sul casting

Dal suo debutto nel 2020, “Bridgerton” si è affermata come uno dei principali successi di Netflix a livello globale. La serie, caratterizzata da costumi sontuosi, trame amorose e intrighi sociali, ha catturato l’attenzione di milioni di spettatori, contribuendo anche all’economia britannica con un impatto stimato superiore alle 275 milioni di sterline. Nonostante il successo, la produzione ha suscitato numerosi dibattiti riguardo alla sua interpretazione storica e alla scelta del cast.

le critiche sulla rappresentazione e il termine “woke”

Una parte del pubblico e della stampa ha accusato “Bridgerton” di essere troppo “woke”, un termine spesso usato in modo dispregiativo per descrivere produzioni considerate troppo inclusive o politicamente corrette. La critica principale riguarda la presenza nel cast di attori neri e provenienti da background diversi, che alcuni hanno ritenuto poco fedele al contesto storico rappresentato. Questa reinterpretazione ha acceso un acceso dibattito tra chi vede nell’inclusività un segno di apertura e chi invece la considera una forzatura storica.

la risposta di shonda rhimes alle polemiche

Shonda Rhimes, creatrice e produttrice esecutiva della serie, ha deciso di intervenire pubblicamente durante un’intervista a Sky News. Nel corso dell’occasione, in concomitanza con il conferimento del fellowship award all’Edinburgh TV Festival 2025, Rhimes ha espresso chiaramente il suo pensiero: «È strano che si possa criticare la mia scelta di rappresentare una gamma diversificata di attori nel cast –» – ha spiegato – «L’idea che io scriva una storia secondo i miei lineamenti senza includere persone che mi somigliano appare ovvia. Perché mai dovrei creare qualcosa che non mi rappresenta?».

una visione naturale dell’inclusione

Per Rhimes questa scelta non rappresenta un atto di “cedimento” alla cultura woke, bensì una manifestazione naturale della volontà di riflettere la società contemporanea attraverso la rappresentazione. La sceneggiatrice sottolinea come negli ultimi vent’anni abbia contribuito a ridefinire il panorama televisivo con serie come Grey’s Anatomy e Scandal. Per lei, escludere attori neri da narrazioni internazionali sarebbe stato invece un gesto di esclusione.

differenze culturali e percezioni sul ruolo femminile nella narrazione

Nelle sue dichiarazioni a Sky News, Rhimes evidenzia anche come molte critiche tendano ad etichettare i suoi lavori come “guilty pleasure”, spesso per motivi legati alla percezione delle narrazioni femminili. Secondo lei, c’è ancora una visione riduttiva che considera meno serio o complesso il mondo delle donne rispetto a quello maschile. Questo aspetto rivela quanto le discussioni su inclusività siano collegate a questioni più ampie riguardanti il ruolo delle donne nella cultura popolare.

Nell’attuale scenario mediatico, l’etichetta “woke” viene frequentemente usata per denigrare prodotti che si discostano dagli stereotipi tradizionali. La trasformazione del racconto storico da esclusivamente bianco ed aristocratico ad uno più variegato rispecchia la pluralità del pubblico odierno. La domanda centrale riguarda se questa evoluzione sia realmente problematica o se si tratti semplicemente di un tentativo legittimo di rappresentare una società sempre più multiculturale.

  • Cristiano Bolla

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