Yara e il suo caso: confronto tra film e verità storica

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Il cinema contemporaneo si impegna spesso a rappresentare fatti di cronaca nera con approcci che bilanciano rispetto per le vittime e attenzione alla narrazione. Un esempio recente è il film diretto da Marco Tullio Giordana, intitolato Yara, distribuito su Netflix, che affronta in modo sobrio e riflessivo il caso dell’omicidio di Yara Gambirasio. Questo lavoro si inserisce nel percorso artistico del regista, noto per opere come I cento passi e La meglio gioventù, caratterizzate da un forte senso di sensibilità sociale e attenzione ai drammi collettivi. In questo contesto, l’articolo analizza le scelte narrative del film, evidenziando le differenze tra la realtà dei fatti e la sua rappresentazione cinematografica, mantenendo un focus rigoroso sulla ricostruzione storica e sui risvolti investigativi.

la trama del film: la vicenda di yara gambirasio

Il lungometraggio si concentra sul caso di Yara Gambirasio, una tredicenne scomparsa nel novembre 2010 a Brembate di Sopra, in provincia di Bergamo. Dopo aver concluso una sessione di ginnastica ritmica presso il centro sportivo locale, Yara non rientra a casa lasciando i genitori nell’angoscia più profonda. Le ricerche coinvolgono forze dell’ordine, volontari e giornalisti, mentre emergono dettagli fondamentali come il ritrovamento del corpo in un campo isolato a Chignolo d’Isola. La lunga indagine porta all’identificazione di un sospettato attraverso l’analisi del DNA: Massimo Bossetti.

i protagonisti principali della vicenda reale

  • Letizia Ruggeri: pubblico ministero interpretata da Isabella Ragonese
  • Massimo Bossetti: sospettato principale interpretato da Roberto Zibetti
  • Luca Scornaienchi: comandante dei Carabinieri (non menzionato nel testo ma parte delle indagini)
  • I genitori di Yara

differenze tra il film e i fatti reali: aspetti narrativi e tecnici

Sebbene il film cerchi di aderire agli eventi autentici legati al caso Gambirasio, presenta alcune distorsioni significative. La figura della pubblica accusa, rappresentata principalmente dalla PM Letizia Ruggeri interpretata da Isabella Ragonese, assume un ruolo centrale che può risultare esagerato rispetto alla reale distribuzione delle responsabilità nelle fasi investigative. La protagonista femminile appare quasi come l’unico personaggio chiave, con la vittima marginalizzata nei primi minuti del racconto.

Sono inoltre presenti omissioni riguardanti elementi cruciali dell’indagine come il DNA sulla giacca dell’istruttrice Silvia Brena o l’arresto errato di Mohamed Fikri. Questi dettagli sono stati semplificati o esclusi per privilegiare una narrazione lineare focalizzata sulla figura della PM Ruggeri.

  • L’attribuzione al cellulare di Bossetti di una precisione “alla via” tramite celle telefoniche è tecnicamente infondata.
  • L’utilizzo del GPS viene presentato come non ancora adottato all’epoca degli eventi.
  • L’accento bergamasco della vittima viene sostituito con un’interpretazione romanesca per esigenze narrative.
  • I luoghi delle riprese sono stati scelti lontano dalle località originali per motivi logistici legati alla pandemia.

reazioni e implicazioni della scelta narrativa nel film

I familiari di Yara e gli avvocati della difesa hanno espresso insoddisfazione riguardo alla mancanza di consultazioni ufficiali durante la realizzazione del film. La narrazione si concentra esclusivamente sul punto vista della pubblica accusa senza includere le testimonianze delle famiglie o degli imputati. Questa impostazione limita la pluralità delle prospettive ed evidenzia una visione autoriale orientata a mettere in luce i meccanismi giudiziari più che a offrire uno spaccato completo delle dinamiche processuali.

Personaggi principali:

  • Marco Tullio Giordana: regista del film
  • Chiara Bono: attrice che interpreta Yara Gambirasio
  • Isabella Ragonese: interprete della PM Letizia Ruggeri
  • Alesio Boni: attore che interpreta il colonnello Vitale
  • Tomas Trabacchi: attore nel ruolo del maresciallo Garro

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