The Beast: Un’Avventura Cinematografica nel Cuore della Giungla di Henry James

the beast, il film di bertrand bonello

Presentato a Venezia 80, The Beast rappresenta un adattamento creativo del romanzo di Henry James intitolato La bestia nella giungla. Il 21 novembre, il film, distribuito da I Wonder Pictures, con Léa Seydoux e George MacKay, inizia la sua proiezione nelle sala. Si tratta di un’esperienza filmica che attraversa il tempo, evocando emozioni sensoriali e visceralità, esplorando temi di paura legati all’amore e alla solitudine.

Il film trasmette una sensazione di ansia crescente, con eventi catastrofici sempre in agguato. Il personaggio di Gabrielle Monnier (Seydoux) si muove attraverso diverse epoche: dal 1910, dove si distingue come pianista negli esclusivi salotti di Parigi durante l’alluvione della Senna, al 2014 come aspirante attrice a Los Angeles, fino al 2044, dove cerca di attuare una “purificazione” per eliminare le emozioni e ottenere una migliore efficienza lavorativa. La pellicola, a volte, evoca Eternal Sunshine of the Spotless Mind di Michel Gondry, fondendo elementi di sci-fi e toni horror.

La narrazione si sviluppa attorno alla storia d’amore tra Gabrielle e Louis (MacKay), i quali si rincontrano in vari momenti storici, affrontando insieme l’amore, la paura dell’esistenza e il timore del giudizio altrui. La paura dell’ignoto spinge Gabrielle a consultare una cartomante in differenti contesti temporali, a fronte di un panorama tecnologico in evoluzione. Il concetto di “purificazione” del 2044, che prevede l’annientamento emozionale, si presenta come inquietante, con l’intelligenza artificiale che diventa un ulteriore elemento di minaccia. La rimozione delle emozioni porta all’involuzione della società, riducendo gli individui a mere marionette prive di scopo.

un melodramma scientifico

Nel 1910, le emozioni sono manifeste. Nel 2014, esse subiscono una repressione, mentre nel 2044, sono eliminate. La trama segue le convenzioni del melodramma, mettendo in luce la disfatta amorosa. Gabrielle resiste a Louis, mentre cento anni dopo, un rifiuto lo consuma, trasformando il suo dolore in un atteggiamento violento verso le donne. Questo riflette una metafora della condizione umana, evidenziando il modo in cui gli Stati Uniti trattano le persone. Nel contesto del 2044, Gabrielle si rende conto che il terrore di catastrofi imminenti è in realtà una paura profonda dell’amore. La “purificazione” sembra generare ricordi, portandola a provare emozioni nonostante il tentativo di sopprimerle, mentre Louis sperimenta un’amnesia emotiva, perdendo il contatto con la loro relazione.

Il film presenta diversi strati della “bestia”, che rappresentano la paura di affidarsi, perdere il controllo e affrontare le conseguenze. Il messaggio è chiaro: tali paure si propagano attraverso tutte le epoche.

Léa Seydoux appare frequentemente sola, sia fisicamente che emotivamente. Nelle sue inquadrature, il film assume una dimensione quasi documentaristica, evidenziando la solitudine di Gabrielle, specialmente a Los Angeles e nel 2044, dove le interazioni sono ridotte a voci distanti.

Collegandosi a film come Mulholland Drive e Under the Skin, The Beast unisce dramma storico e sci-fi in un racconto d’amore impossibile. Le scene si intrecciano, componendo un puzzle complesso. Attraverso l’uso del green screen, si esplora la metafora dell’aspirante attrice che finge di avere paura, contrapposta a un futuro in cui le emozioni vengono eliminate per una società “ottimale”.

Ogni disastro personale è connesso a contesti più ampi: dall’alluvione di Parigi del 1910, all’amnesia comportamentale associata a internet nel 2014, fino all’assenza di catastrofi nel 2044. La frase “Andrà tutto bene, le catastrofi sono passate” riecheggia nel film. I diversi personaggi affrontano temi universali, come la chiaroveggenza e le emozioni svuotate, incarnando la vera essenza della “bestia”.


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