Recensione di resurrection, il film intrigante di bi gan

Il cinema contemporaneo continua a sorprendere con opere che sfidano le convenzioni e spingono i confini della narrazione visiva. Tra queste, il film Resurrection, diretto da Bi Gan, si distingue per la sua natura sperimentale e profondamente evocativa. Presentato in concorso al Festival di Cannes 2025, questa produzione rappresenta un viaggio attraverso il tempo, i sogni e la memoria cinematografica, offrendo un’esperienza sensoriale intensa e complessa.
resurrection: un’opera tra sogno e realtà
una narrazione divisa in episodi dal forte impatto visivo
Resurrection si articola in sei capitoli distinti, ognuno caratterizzato da uno stile estetico e narrativo diverso. La pellicola apre con un messaggio enigmatico che pone una dicotomia tra due tipi di umanità: chi ha l’immortalità ma ha smesso di sognare, e chi sogna ma è destinato alla morte. In questo universo futuristico — o forse già presente — una voce narrante funge da “resuscitatrice”, incaricata di ridare vita a coloro che sono condannati a scomparire, cancellando ogni traccia del passato.
Al centro della narrazione si trova il personaggio del Fantasmer, interpretato in molteplici versioni dall’attore Jackson Yee. La figura della resuscitatrice femminile ricorre come presenza costante, quasi come un’ombra protettrice o salvifica. Ogni episodio utilizza tecniche visive ispirate a diversi periodi storici del cinema:
- Silenzioso muto ed espressionismo tedesco (riferimenti a Nosferatu e Frankenstein)
- Chiaroscuri noir degli anni ’40
- Melodrammi provinciali
- Nouvelle vague asiatica
- Piano sequenza ambientato nella notte del 31 dicembre 1999
l’estetica audace e la struttura modulare di resurrection
un progetto cinematografico innovativo e sperimentale
Resurrection si presenta come un’opera strutturata su segmenti autonomi collegati tra loro da elementi emotivi e concettuali più che narrativi lineari. Questa scelta stilistica potrebbe derivare dall’origine come raccolta di esperimenti visivi successivamente unite sotto un fil rouge tematico. Il risultato è una pellicola capace di coinvolgere lo spettatore attraverso esercizi sensoriali estremi: il suono, la luce e le immagini diventano strumenti vivi di esplorazione.
I temi ricorrenti sono sogni, illusioni e reincarnazioni, creando un gioco filosofico sulla natura illusoria dell’esistenza stessa. Il tempo viene trattato come entità fluida che può scorrere avanti o arrestarsi improvvisamente: quando il Fantasmer smette di ascoltare, tutto sembra riprendere il suo corso naturale.
la scena clou: il segmento del 1999 in piano sequenza lungo
L’apice tecnico ed emotivo del film si concentra nel segmento ambientato nel 1999. Girato interamente in un unico piano sequenza molto lungo, segue le vicende di un giovane in fuga con la donna amata durante una notte carica di desiderio e angoscia. Le luci al neon, le canzoni pop, i karaoke clandestini creano una dimensione sospesa tra fine secolo e fine mondo.
Questo spazio-tempo liquido permette a Bi Gan di riflettere sul potere delle immagini nel fermare l’effimero destino delle cose destinate a svanire.
bifocalità tra cinema d’autore e filosofia dell’immagine
L’ultima parte dell’opera riporta lo spettatore alle origini della narrazione con una nota malinconica. Mostra come il tempo finisca inevitabilmente per consumare tutto — sogni compresi — ma anche come nei sogni risieda ancora una possibilità di rinascita o resurrezione. Resurrection, pur essendo difficile da riassumere o interpretare completamente, lascia un’impronta indelebile nell’osservatore grazie alla sua natura ambivalente.
Membri principali del cast:- Jackson Yee: interprete del Fantasmer nelle sue molteplici versioni
Sintesi critica de “resurrection”
“Con Resurrection”, Bi Gan propone l’esperienza cinematografica più ambiziosa finora realizzata: un viaggio ipnotico attraverso stili diversi che mette in discussione i limiti stessi dell’immagine filmica.”
- Narrativa frammentata ma coerente nel suo insieme;
- Esercizio sensoriale estremo basato su suoni e luci;
- Tema centrale sulla natura illusoria del cinema;
- Punto culminante nel segmento notturno del 1999 girato in piano sequenza;
- Cinema che invita alla partecipazione attiva dello spettatore senza semplificazioni.
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