Quattro figlie e la forza del documentario di kaouther ben hania

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il cinema documentario tra realtà e finzione: analisi di “quattro figlie”

Il film Quattro figlie, disponibile sul canale IWONDERFULL Prime Video Channel, rappresenta un esempio emblematico di come il cinema documentario possa trasformarsi in un’esperienza collettiva e coinvolgente. Presentato in concorso a Cannes 2023, ha conquistato l’Œil d’or e si candida all’Oscar 2024. La regista tunisina Kaouther Ben Hania si conferma come una delle voci più innovative e riconoscibili del panorama contemporaneo, con un’opera che fonde sperimentazione formale e impegno sociale.

la narrazione al centro della riflessione sociale

una storia di dolore e resilienza familiare

Al cuore di Quattro figlie troviamo la vicenda di Olfa Hamrouni, madre tunisina di quattro ragazze, segnata dalla perdita delle due sorelle maggiori, partite adolescenti verso la Libia e scomparse nel contesto del jihadismo. Per rappresentare questa complessità, il film utilizza una tecnica innovativa: accanto alla protagonista reale, due attrici interpretano le sorelle assenti, mentre Hend Sabri entra come alter ego della madre. Questo approccio crea un forte effetto visivo e simbolico, evidenziando le contraddizioni di una famiglia e di una società intera.

origine del progetto e significato estetico-politico

L’autrice ha incontrato Olfa nel 2016 dopo aver ascoltato un’intervista radiofonica. La sua storia l’ha colpita profondamente, ma solo anni dopo ha trovato il modo di raccontarla senza ridurla a semplice cronaca. Il film nasce dall’esigenza di tradurre l’assenza in presenza, dando corpo a ciò che resta invisibile o taciuto. La regista sottolinea che ogni opera cinematografica porta con sé un punto di vista soggettivo, rifiutando l’idea di neutralità.

struttura innovativa: fusione tra realtà e finzione

un dispositivo narrativo originale

Quattro figlie si distingue per la sua struttura assolutamente inedita. Olfa e le sue figlie minori condividono lo spazio scenico con tre attrici: due interpretano le sorelle assenti, mentre Hend Sabri veste i panni della madre nelle sequenze più intense. Questa scelta non mira a ricostruire fedelmente i fatti, ma a creare un vero e proprio laboratorio della memoria.

L’interazione tra protagoniste reali e interpreti permette un continuo scambio tra chi ha vissuto gli eventi e chi li rappresenta. La linea tra documentario e finzione diventa sfumata, favorendo un confronto diretto con i ricordi e le emozioni.

L’importanza dell’ambiguità narrativa

Sempre fedele alla propria filosofia artistica, Ben Hania afferma che non crede nell’oggettività assoluta nel racconto cinematografico. Durante le riprese, utilizza strumenti come il teleprompter per coinvolgere direttamente Olfa nella comunicazione con lo spettatore. Questo metodo rende evidente il processo creativo dietro l’opera ed invita lo spettatore a partecipare attivamente alla riflessione.

sede del racconto: uno spazio come laboratorio della memoria

ambientazioni simboliche in uno spazio limitato

Tutto il film è stato girato principalmente nell’ex hotel “Tour Eiffel” di Tunisi, trasformato in uno spazio teatrale della memoria. Ambienti semplici ma suggestivi vengono utilizzati per evocare ricordi familiari o sociali senza cercare realismo dettagliato. Questa scelta favorisce la libertà espressiva ed evita ripetizioni inutili.

Ben Hania spiega che desiderava uno spazio capace di permettere improvvisazione ed emergere dell’imprevisto durante le riprese; così facendo, molte scene sono rimaste spontanee ed autentiche.

dettaglio psicologico: olfa tra amore complicato e violenza interiorizzata

una figura complessa al centro del racconto

Olfa emerge come una donna dalle caratteristiche ambivalenti:

  • – Madre affettuosa ma autoritaria;
  • – Capace di violenza;
  • – Segnata da un patriarcato interno che trasmette alle figlie.

A causa delle sue personalità forti, la regista decide di affiancarle un doppio attoriale per evitare che la sua presenza travolga tutto il racconto. Hend Sabri assume quindi ruoli complementari per restituire tutta la complessità emotiva della protagonista reale.

Il film non giudica né condanna Olfa; piuttosto cerca una comprensione profonda delle sue contraddizioni umane. In contrasto con le rappresentazioni mediatiche spesso negative o stereotipate provenienti dalla Tunisia ufficiale, questa metodologia rivela fragilità nascosta sotto una maschera dura.

bambine come specchio sociale: tra ribellione quotidiana e strategia sopravvivenza

Eya e Tayssir: la forza silenziosa delle giovani generazioni

I personaggi delle due sorelle minori incarnano la voglia di libertà attraverso gesti semplici ma significativi:

  • – Truccarsi;
  • – Indossare o togliere il velo;
  • – Vestirsi di nero come gesto simbolico;
  • – Partecipare alle pratiche quotidiane della loro identità femminile.

Sono strategie sia legate alla resistenza personale sia a forme sottili di opposizione alle aspettative patriarcali.
Le ragazze partecipano attivamente alla scena ricordando le sorelle scomparse — esercizio doloroso ma anche occasione per riconoscere la propria autonomia crescente.

I volti maschili uniformati dal medesimo interprete

Nella pellicola tutti gli uomini sono interpretati dallo stesso attore; questa scelta serve ad enfatizzare l’aspetto simbolico dell’uniformità dei ruoli maschili all’interno della storia familiare-sociale.
I padri o i partner assumono ruoli intercambiabili ed esclusivamente marginali rispetto alle voci femminili principali; così si evidenzia quanto siano secondari rispetto ai processi narrativi centrati sulle donne.

dalla scrittura al montaggio: il percorso creativo finale

L’elaborazione definitiva del film ha richiesto mesi di lavoro intenso sul materiale raccolto. Partendo da oltre cinque ore iniziali montate sommariamente, gli autori hanno affinato progressivamente fino ad arrivare ai 110 minuti definitivi.
Ben Hania spiega che il momento decisivo è stato quando ha provato ad inserire scene amate che invece sono state rifiutate dal flusso narrativo naturale dell’opera stessa — dimostrando come il documentario sia anche atto creativo in sé stesso.

Punto politico ed estetico del film

Nonostante l’approccio sobrio, Quattro figlie si configura come un documento fortemente politico poiché affronta temi fondamentali quali le radici del patriarcato, i media coinvolti nel rafforzarlo o smascherarlo ed i compiti delle istituzioni sociali.
È significativo notare che si tratta del primo lungometraggio tunisino in concorso a Cannes dopo più di cinquant’anni — testimonianza viva della vitalità culturale nazionale nel dialogo con tematiche universali.

Membri principali presenti nel cast:
  • Alice Daoud (Olfa)
  • Dorra Zarrouk (Hend Sabri)
  • Eya Hamrouni (figlia minore)
  • Tayssir Hamrouni (figlia minore)
  • Pierre Rihani (padre/interprete maschile unico)
  • Membri del team tecnico coinvolti nella produzione musicale ed estetica.

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