Film horror che ti fanno tifare per il cattivo
Il panorama dell’horror cinematografico è caratterizzato da una particolare attrattiva nei confronti dei villain, spesso più memorabili e duraturi rispetto ai protagonisti. La capacità di rendere questi personaggi iconici, talvolta al punto di farne i veri protagonisti di film e franchise di successo, dimostra come l’ambiguità morale e la manipolazione delle prospettive siano strumenti essenziali nel genere. Spesso, infatti, il pubblico si ritrova a vedere con simpatia personaggi che dovrebbero essere irrimediabilmente malvagi, oppure a desiderare la fuga o la vittoria di antagonisti che, a livello narrativo, incarnano il male. Questo fenomeno ha reso alcuni cattivi delle vere e proprie star del cinema horror.
a nightmare on elm street 3: dream warriors (1987)
In questo capitolo della saga, Freddy Krueger si afferma come la figura più riconoscibile del franchise. La sua trasformazione da mostro spaventoso a personaggio sadico e molto divertente è evidente: freddo, ingegnoso e dotato di uno humor teatrale, Freddy non si limita più a terrorizzare, ma diventa un’icona pop. La sua logica onirica, tanto inventata quanto surreale, permette di creare scene di omicidio che sembrano veri e propri episodi di spettacolo, più che atti di pura paura. La sua presenza affascina e domina ogni scena, grazie alla personalità che valorizza ogni sua esibizione, rendendola un evento.
Questo film ha consolidato la sua posizione nel cuore del pubblico e del panorama culturale, segnando un passaggio dalla paura pura all’intrattenimento. Gli spettatori arrivano non più solo spaventati, ma anche ansiosi di rivedere Freddy, che si riconferma come un’icona della cultura pop.
the devil’s rejects (2005)
Nel film The Devil’s Rejects, la famiglia Firefly viene inizialmente proposta come un insieme di criminali senza pietà, completamente votati al sadismo e al caos. Il regista Rob Zombie approccia alla narrazione con il massimo dello sprezzo per la moralità, per poi spostare la prospettiva e far emergere i personaggi come vittime di un mondo crudele. La loro umanizzazione avviene attraverso un contrasto emotivamente forte con le forze dell’ordine che li insegue e distruggono, in un crescendo di violenza che si fa sempre più disperata.
Arrivando al climax, risulta difficile non tifare per la loro sopravvivenza, nonostante siano personaggi senza redenzione. Il film sfrutta la capacità di generare empatia verso figure moralmente ed economicamente discutibili, spingendo gli spettatori a fare il tifo per il loro destino, contro ogni logica morale.
saw x (2023)
In Saw X, la narrazione si concentra su John Kramer, detto Jigsaw, approfondendo la sua condizione di uomo malato e il suo desiderio di giustizia attraverso atti di tortura. La pellicola realizza un profondo percorso di umanizzazione del personaggio, evidenziando l’aspetto profondamente umano di Kramer. Quando si trova vittima di truffatori che approfittano della sua malattia terminale, il suo risentimento si trasforma in un senso di rinnovata giustizia, che porta gli spettatori ad approvare le sue azioni.
Il film presenta vittime non più come sconosciuti o estranei, ma come predatori che meritano la punizione, rendendo le sue trappole una forma di giustizia distorta. La narrazione focalizzata favorisce l’empatia e invita il pubblico a condividere la filosofia di Kramer, grazie anche alla recitazione empatica di Tobin Bell. Questo rende Saw X tra i capitoli più intensi e coinvolgenti, ponendolo come il più forte sequel dalla pellicola originale.
american psycho (2000)
Piatto forte di questo film è la figura di Patrick Bateman, un vero e proprio mostro in forma umana. La performance di Christian Bale, carismatica e sarcastica, rende Bateman un personaggio disturbante ma ugualmente magnetico, incapace di distogliere lo sguardo dello spettatore. La narrazione costruisce un ambiente superficiale e vuoto, amplificando i comportamenti aberranti del protagonista.
Le sue routine meticolose, la fragilità dell’ego e le crisi psicologiche si susseguono in modo credibile, facendo emergere che le sue azioni di violenza sono più che altro espressione della sua instabilità mentale. Alla fine, lo spettatore è portato a desiderare che Bateman riesca a sfuggire alle conseguenze, non perché lo si giusti, ma perché il mondo che lo circonda appare profondamente corrotto e senza speranza.
bride of chucky (1998)
In questo episodio, la saga di Chucky abbraccia pienamente un tono umoristico e irriverente, rendendo il personaggio più affascinante che mai. La sua personalità, fatta di sarcasmo, autoironia e atteggiamenti da anti-eroe, trasforma il killer in un’icona di intrattenimento. La presenza di Tiffany, interpretata da Jennifer Tilly, contribuisce a creare un complicato ma intrigante paradosso sentimentale, che eleva la narrazione oltre il semplice horror.
Il film si distingue per il carattere confidente e spigliato di Chucky, che nei dialoghi e nelle azioni incarna il massimo dell’auto-celebrazione del caos. Ridefinendo il suo ruolo, Chucky si presenta non più solo come villain, ma come una figura che il pubblico ama “scherzosamente” tifare, ridefinendo le aspettative e facendo di lui uno dei protagonisti più amati e noti.
carrie (1976)
Questo film si distingue per il suo approccio profondamente empatico, che vede come protagonista Carrie White, vittima di bullismo e abuso domestico. La sua vulnerabilità rende naturale il desiderio di normalità e felicità nel pubblico, che si immedesima nelle sue speranze. Quando la sua fragile dimensione viene brutalmente distrutta, l’ira e la vendetta di Carrie risultano più che giustificate sul piano emotivo; questa reazione diviene, di fatto, un naturale sfogo alla sofferenza accumulata nel tempo.
Il film dà anche grande rilievo alla crudeltà materna, che rende meno crudele la sua vendetta, facendo emergere un’immagine di protagonista come vittima di un sistema di oppressione. La sua ribellione, così empiricamente giustificata, trasforma Carrie in una figura quasi tragica e al contempo potente, capace di suscitare empatia fino alla fine.
behind the mask: the rise of leslie vernon (2006)
Questo film si distingue per un approccio originale, presentando il suo assassino come protagonista di un falso documentario. Leslie Vernon, infatti, spiega con entusiasmo le sue strategie, le tecniche e le motivazioni, rendendo il personaggio quasi “approcciabile”. La sua sincerità, unita a un umorismo sottile, crea un certo senso di intimità con lo spettatore, rompendo la barriera tra carnefice e pubblico.
Contrasto interessante si crea con la final girl moderna e distaccata, che osserva senza empatia le gesta di Leslie. La dedizione e la volontà di realizzare il suo sogno di diventare un killer lo rendono un personaggio inaspettatamente “underdog”, e il suo percorso diventa più coinvolgente, spostando l’attenzione dal terrore puro a una narrazione più umanizzante e empatica.
friday the 13th part iii (1982)
Con questa pellicola, Jason Voorhees si afferma definitivamente come icona horror. La maschera da hockey, i modi violenti e la presenza sinistra lo rendono la figura centrale del franchise. Le scene di omicidio, sempre più elaborate e spettacolarizzate, elevano Jason a star del cinema slasher. La frenesia delle uccisioni crea un’atmosfera di intrattenimento puro, dove lo spettatore non si identifica più con le vittime, bensì tifa per l’assassino.
Ogni morte diventa un momento di spettacolo e gioia collettiva, un esempio di come il personaggio possa essere visto non più come semplice villain, bensì come protagonista assoluto di un vero e proprio show sanguinolento che non si prende più sul serio.
hellraiser iii: hell on earth (1992)
In questa terza parte della saga, i Cenobiti diventano un simbolo di giustizia ultraterrena, più che invasori. Majormente, si distingue la figura di Pinhead, interpretato da Doug Bradley, come un giudice oscuro, che pur rappresentando il male, si muove secondo un codice di potere e di “giusta punizione”. Il film valorizza l’aspetto plastico e scenografico delle sue scene, rendendo l’iconografia dei Cenobiti più affascinante che spaventosa.
Il pubblico, di fronte a questa rappresentazione, si trova a sostenere la loro missione di “ripulire” l’ambiente umano dal peggio, facendo loro quasi un tifo implicito. La loro estetica macabra si trasforma in simbolo di un ordine superiore, capace di mitigare le sovrastrutture morali umane con un senso di giustizia sovrannaturale.