Eagles of the republic: recensione dettagliata del film di tarik saleh

Il cinema contemporaneo continua a riflettere sulle dinamiche di potere e sui meccanismi di controllo in regimi autoritari, offrendo spesso una prospettiva critica attraverso opere che mescolano satira, dramma e introspezione. Uno degli esempi più recenti è il film Eagles of the Republic, diretto da Tarik Saleh. Questo lungometraggio si inserisce all’interno di una trilogia che analizza le sfaccettature della corruzione e delle tensioni sociali nell’Egitto post-Mubarak, portando avanti un’analisi che si concentra questa volta sull’industria cinematografica come strumento di propaganda statale. Di seguito verranno approfonditi i temi principali del film, la sua struttura narrativa e le caratteristiche distintive.
il tema centrale: il potere e la manipolazione mediatica
la rappresentazione del sistema politico egiziano tramite il cinema
Eagles of the Republic mette in scena un sistema in cui il cinema viene utilizzato come veicolo per diffondere narrazioni ufficiali, con l’industria cinematografica che diventa uno strumento di controllo ideologico. La storia si svolge attorno a un protagonista ambiguo, interpretato da Fares Fares, un attore egiziano noto per il suo ruolo di divo decadente. La sua vita cambia quando riceve una proposta dalle autorità: impersonare il presidente Abdel Fattah Al-Sisi in un film celebrativo del colpo di stato militare. La sua iniziale resistenza si scontra con le pressioni di un regime che utilizza anche l’attività artistica per consolidare il proprio potere.
andamento narrativo e sviluppo tematico
dall’ironia al tono più cupo: evoluzione della narrazione
La prima parte del film si distingue per un tono grottesco, caratterizzato da personaggi arroganti, funzionari zelanti e una produzione cinematografica parodistica. In questa fase emergono elementi di sarcasmo e ritmo serrato, accompagnati dalla presenza costante della censura. Oltrepassata la metà, la narrazione vira verso toni più seri e drammatici, assumendo tratti da thriller complottista. Questa trasformazione riduce l’impatto satirico iniziale, spostando l’attenzione su aspetti più convenzionali del genere.
critiche alla gestione narrativa e alle scelte stilistiche
A differenza delle precedenti opere di Saleh come Boy From Heaven o El Cairo Confidential, che combinavano efficacemente denuncia sociale e tensione narrativa, Eagles of the Republic appare più prudente nel trattare i temi delicati. Il conflitto tra arte libera e propaganda statale viene affrontato in modo didascalico, senza sorprendere lo spettatore con sviluppi imprevisti. Le scene chiave sul passato dei leader politici sono inserite nei tempi giusti ma risultano prevedibili; anche il discorso sulla responsabilità degli artisti resta troppo dichiarato rispetto a quello che potrebbe essere uno spunto realmente provocatorio.
la dimensione metacinematografica: tra realtà e finzione
il film dentro al film: strumenti di controllo culturale
Eagles of the Republic presenta una forte componente metacinematografica: la narrazione si svolge all’interno di un set cinematografico dove ogni elemento è soggetto a controlli stringenti. Gli script vengono rivisti dai militari mentre le scene devono ottenere approvazioni ufficiali; anche le comparse sono sottoposte a verifiche continue. Questi dettagli rendono evidente come il regime utilizzi il cinema non solo come mezzo di intrattenimento ma anche come strumento funzionale alla riscrittura della storia ufficiale.
Questa dimensione metacinematografica rimane più sfiorata che approfondita. A differenza di titoli come Argo, dove il meccanismo veniva smontato con precisione chirurgica, qui gli aspetti relativi al controllo sulla produzione sono illustrati senza entrare nel dettaglio delle dinamiche interne. I riferimenti cinefili presenti nel film — dai poster ai richiami stilistici — risultano più decorativi che funzionali allo sviluppo narrativo.
Eagles of the Republic, realizzato interamente in Turchia con finanziamenti provenienti da diversi paesi europei (Svezia, Francia, Germania, Danimarca e Finlandia), segna il ritorno del regista Tarik Saleh dopo lavori precedenti con budget superiore rispetto alle sue produzioni antecedenti. Nonostante ciò, lo stile visivo rimane piuttosto sobrio ed essenziale; sembra prevalere una scelta funzionale alla narrazione piuttosto che una ricerca estetica innovativa.
I protagonisti presentano figure ambigue: George non è né eroe né carnefice ma piuttosto vittima delle logiche oppressive del sistema; questo rende difficile stabilire se venga rappresentato con empatia o distacco totale.
Sommario:
Eagles of the Republic affronta problematiche attuali legate al rapporto tra arte e autoritarismo attraverso una forma narrativa forse troppo prevedibile e meno incisiva rispetto ad altre opere dello stesso autore. La prima parte promette satira pungente e tensione politica; Si trasforma rapidamente in un thriller privo di vere sorprese significative. Il risultato finale è un’opera onesta ma meno coraggiosa rispetto alle aspettative iniziali.
- – Tarik Saleh (regista)
- – Fares Fares (interprete principale)