Capolavoro di 76 anni fa con la battuta più memorabile di sempre
il fascino senza tempo de il terzo uomo: un capolavoro del cinema britannico
Nel panorama cinematografico internazionale, alcuni film si distinguono per le atmosfere uniche e le scene che, nonostante la loro semplicità, rimangono impresse nella memoria. Il terzo uomo, diretto da Carol Reednel 1949, rappresenta uno di questi esempi di eccellenza. Ricordato per la sua ambientazione post-bellica, la fotografia in bianco e nero e un alone di nostalgia e malizia, questo film continua a essere oggetto di studio e ammirazione, grazie anche a scene iconiche che ne condensano l’essenza più profonda.
la narrazione e l’ambientazione
una storia di ambiguità morale in un contesto di guerra
Al centro della vicenda troviamo Holly Martins, uno scrittore di romanzi popolari che si reca a Vienna per ritrovare il suo amico di lunga data, Harry Lime. La sua presenza è frustrata dal fatto che gli viene comunicato che Lime è deceduto. Un incontro furtivo con una figura somigliante a Lime e le successive prove indicano che la sua “morte” potrebbe celare qualcosa di molto più oscuro. La narrazione si dipana tra atmosfere cupe e incontri in luoghi museali, in un quadro raffigurante una Vienna ancora segnata dal dopoguerra.
Il film si distingue per il suo stile noir e un forte senso di suspense, che mette in discussione le verità apparenti e mostra quanto la moralità possa essere diluita dal contesto di una città in rovina, dove il mercato nero prospera e ogni scelta ha un prezzo elevato.
il momento clou: il monologo di orson welles
una scena memorabile tra filosofia e cinismo
Tra tutti i momenti iconici de il terzo uomo, spicca il discorso pronunciato da Orson Welles durante un incontro sulla ruota panoramica. Lime, con tono calmo e sfidante, giustifica le azioni che lo hanno reso un personaggio ambiguo, usando una riflessione che sottolinea il rapporto tra storia e valori morali.
La sua affermazione più celebrevede il confronto tra i periodi di tensione e violenza e le opere dell’arte e della cultura che sono sorte in mezzo a quel caos. Lime paragona, in modo filosofico, la storia tumultuosa dell’Italia ai periodi di pace in Svizzera, criticando la superficialità delle aspirazioni umane e proponendo una riflessione sulla moralità attraverso una battuta simbolica.
origine e significato del monologo
ispirazione e curiosità dietro la scena
Il monologo nasce da un’idea ispirata a una conferenza del 1885 di James Abbott McNeill Whistler, pubblicata come Ten O’Clock, e rappresenta uno dei momenti più profondi del film. La scena si caratterizza per la sua riuscita perfezione, benché contenesse un errore evidente: Lime parla di orologi a cucù della Schwarzwald in Baviera, ma questa regione è famosa per i orologi a cucù provenienti dalla Foresta Nera, in Germania. La correzione di questa svista da parte degli svizzeri, che hanno sottolineato che non sono loro i produttori di questi orologi, arricchisce il senso della scena.
Questa battuta, carica di cinismo, evidenzia come Lime non sia un filosofo, bensì un abile venditore con un vuoto morale coperto dalla sua eloquenza e sicurezza. È questa capacità di mascherare il male con parole affascinanti che rende memorabile il discorso e uno dei simboli più riconoscibili del film.
personaggi e protagonisti
- Joseph Cotten nel ruolo di Holly Martins
- Orson Welles come Harry Lime